domenica, febbraio 04, 2007

Un sabato con la mamma Clara

Sabato scorso sono andato a passare qualche minuto con la mamma.
Abbiamo parlato di diverse cose ma sempre il discorso finisce sul passato, e sul passato del periodo della guerra ....

Tiro' fuori un articolo scritto da Apulia ne 1972 sugli anni 43-45 che Italo forse lo fece arrivare alla mamma Clara( lei non si ricorda).
lo aggiungo qui perche' e' molto interessante.

Prendemmo alloggio nell'appartamento di Lidia Tarducci, situato nel vicolo delle carceri. Era per noi un'isola di salvezza in,un mare di pericoli. Benedicemmo quella casina che ci ha accolto e nascosto.
L'appartamento consisteva in una cucina triangolare, piccola con un fornello a carbone e un lavello di terraglia. C'era poi il tinello, con un tavolino dove a malapena si poteva mangiare in sei, per cui a turno il settimo doveva mangiare col piatto sulle ginocchia. Si beveva tutti in un unico bicchiere. C'era la camera da letto con due letti dove dormivamo in quattro. Gli altri tre avevano trovato una camera gelata in casa Moretti. Dalla nostra camera si accedeva ad uno stanzino di un metro di larghezza che fungeva da gabinetto e dispensa viveri. Dormivamo in compania dei topi che scorrazzavano iberamente nella così detta dispensa.
Le settimane passavano ed il fronte si era fermato a Cassino. Noi donne facevamo lavori a maglia in cambio di pane e focacce.Seprio e Italo scrivevano novelle e facevano disegni. Alberto andava dal suo cliente Osimani alla Recanatese Trasporti. Papà si univa al Capocantoniere Morena in lunge passeggiàte.
Dal 15 al 30 Giugno ci fu un periodo peggiore: verifiche di documenti, rastrellamenti ora in città, ora in campa~a;rialzo dei prezzi, scarsità di prodotti. Una domenica passeggiavo per il corso quando una pattuglia fascista ci fermò: verificò i documenti di tre giovani davanti a noi e disse "Andate pure". Per fortuna a noi non chiesero nulla. Un mattino mi recai a comperare il latte: ecco il suono delle campane a martello si abbassano le saracinesche dei negozi; .la città si fa deserta. "Che succede?" chiedo. Senza rispondere mi indicano un tedesco che stava mobilitando tutti gli uomini per portare a nord il bestiame requisito e ammassato al campo sportivo.
Vidi le SS pronte a tutto e i guastatori che rovinavano ogni cosa anche nei garage e magazzini dei fascisti. Per quindici giorni non avevamo nè luce nè acqua potabile. Supplivamo l'illuminazione con pezzetti di plexiglass infilati in patate. Per l'acqua potabile il Conte Canale aveva messo a disposizione il suo pozzo e dovevamo fare la coda per avere un fiasco d'acqua a famiglia. Ber cucinare usavamo l'acqua di mare che le
nostre vicine andavano a prendere a Porto Recanati con una damigiana.
Sentendo l'avvicinarsi del fronte il Podestà, Conte Leopardi, diede ordine di aprire i granai e distribuì gratuitamente un quintale di grano a famiglia., facendo cosi trovare i magazzini vuoti alle truppe tedesche in ritirata.
Arriva una formazione aerea di caccia inglesi: sono le cinque del pomeriggio. I caccia passano sulla casa Moretti e poi sulla nostra. Appena sono sopra a noi mitragliano dei camion tedesci carichi di benzina, ma nessun danno a noi.
Tutti erano assetati di notizie e poichè erano state interrotte le comunicazioni, un amico construì una radio ricevente a pila. I fratelli trascrivevano le notizie e le portavano dal barbiere. Una sera una pattuglia fascista di presentò in casa Moretti a chiedere se abitavano lì due fratelli. Per fortuna a causa del coprifuoco avevano traslocato in una casa vicina alla nostra. In effetti le pattuglie cercavano due altri fratelli che avevano radiotrasmittenti; li trovarono a Loreto e li fucilarono.
Ed eccoci al 30 Giugno. Un ufficiale tedesco di ferma all'albergo e prima di allontanarsi dice: "Domani pagheranno gli Inglesi". I tedeschi tagliano i fili della luce, fanno saltare i ponti, requisiscono carretti e cavalli e si ritirano verso il Nord. Alle cinque annunciare l'arrivo degli Alleati.
Scendemmo nei sotterranei delle prigioni e presto vedemmo un nuvolo di polvere snodarsi nella vallata. Arriva una camionetta per assicurarsi che i tedschi se n'erano andati e poi il grosso: una colonna di carri annati con militari polacchi.
In quel periodo abbiamo visto la vera miseria: vicino a noi in uno stanzino buio abitava la vecchia Stamura col figlio Armandino, paralitico, che girava in una carrozzella ringraziamenti e consumati per terra in mancanza di sedie.
Carmen Tiboni, figlia del custode delle carceri. Pregava per il suo padre, malato di cancro.
Una notte un aereo tedesco lasciò cadere un governale con 50 spezzoni incendiari. Vedemmo una pioggia di fuoco intorno a noi.
I prodotti industriali venivano a mancare. I negozi erano quasi vuoti. I prezzi erano saliti alle stelle: il filo per cucire si vendeva a una lira il metro, le calze erano introvabili. Ricordo che io mi feci un paio di calze con cotone grosso, ed anche un paio di scarpe con la suola di legno e la tomaia ricavata da una vecchia camicia di un polacco.
Papà fu assunto al Comune come ingegnere e al Ginnasio come professore di matematica, Alberto continuò a lavorare per i suoi clienti della zona; Seprio fu interprete alla RAF e insegnante di italiano in un corso per militari; io detti lezioni di italiano agli inglesi e di inglese agli italiani.
E il 25 Aprile la radio emise una voce nuova che allargò il cuore: "Radio Busto Arsizio: i partigIani hanno liberato Gallarate".
Appena possibile la mamma e Alberto andarano a Gallarate. La nostra casa era stata occupata da fascisti: mancava moltatoba, sul letto vi erano lenzuola bruciate, la cantina era vuota, nella sala si era installata una famiglia che vi dormiva coi polli e conigli e spaccava la legna rovinando il pavimento. Il Comune ordinò di far sgombrare la casa.
Nel giugno tornammo tutti viaggiando su un camion. Sul viale Milano che conduce a Gallarate un partigiano ci salutò con queste parole: " A nome del Sindaco vengo a porgere il ben tornato al bravo Ingegnere ed alla sua famiglia". A papà fu chiesta una dichiarazione per punire i suoi persecutori e la risposta fu: "Perdono a tutti coloro che
mi hanno fatto del male."
Scritto dalla mia sorella Apulia nel 1972
ltalo Servi

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